domenica 23 ottobre 2011

capitolo 2 - Slave to sensation

Capitolo 2

Lucas si appostò vicino alla vetrata del suo ufficio e osservò le strette stradine in quell’esplosione dei sensi che era Chinatown, la mente fissa sugli occhi nero notte di Sascha Duncan. La sua natura animale aveva subodorato qualcosa in lei, qualcosa che non tornava, qualcosa che non era…normale. Ma lei non aveva proprio l’odore malato della pazzia, piuttosto un profumo piacevolmente seducente, del tutto diverso dall’odore metallico tipico della maggior parte degli Psy.
“Lucas?”
Non doveva voltarsi per sapere chi era. “Che c’è, Dorian?”
Dorian venne a mettersi di fianco a lui. Con i capelli biondi e gli occhi azzurri, poteva essere scambiato per un surfista che cercava l’onda giusta. Tranne che per lo sguardo tagliente e ferale di quegli occhi. Dorian era un leopardo latente. Qualcosa era andato storto nel concepimento e lui era nato come mutaforma in ogni aspetto tranne uno – gli mancava la capacità di cambiare forma. “Come è andata?”
“Ho una Psy che mi seguirà come un’ombra.” Guardò una macchina che passava lungo la strada sempre più buia. Le cellule energetiche che la facevano muovere non lasciavano traccia del loro passaggio. Quelle cellule erano state create dai mutaforma. Senza la loro razza, il mondo a quel punto sarebbe già caduto a picco in un inquinamento di proporzioni devastanti.
Gli Psy si ritenevano i padroni del pianeta, ma erano i mutaforma ad essere in sintonia con il battito del cuore della Terra, i mutaforma che ne sapevano vedere le intrecciate correnti di vita. I mutaforma e, a volte, qualche umano.
“Pensi di poterle estorcere delle informazioni?”
Lucas scrollò le spalle. “E’ come tutti loro. Ma ci sono dentro, ora. E lei è una cardinale.”
Dorian si dondolò sui talloni. “Se uno di loro sa del killer, allora lo sanno tutti. Il loro web tiene ciascuno di loro in contatto con tutti gli altri.”
“La chiamano RetePsy.” Lucas si protese in avanti e premette i suoi palmi contro la vetrata, godendo di quel freddo bacio. “Non sono sicuro che funzioni in questo modo.”
“E’ una cazzo di mente collettiva. Come altro dovrebbe funzionare?”
“E’ che sono fissati con le gerarchie - non credo che la gente comune possa accedere a tutto. Democratici? Decisamente non lo sono.” Il mondo degli Psy, quel freddo e calmo mondo in cui sopravvivevano solo i più adatti, era la cosa più crudele che avesse mai visto.
“Ma la tua cardinale dovrebbe saperlo.”
Era quasi certo che Sascha fosse un membro della cerchia più esclusiva, sia perché era figlia di un membro del Consiglio, sia perché lei stessa era considerevolmente forte. “Sì.” E lui aveva tutte le intenzioni di tirarle fuori tutto ciò che sapeva.
“Mai dormito con una Psy?”
Lucas finalmente si girò a guardare Dorian, divertito. “Stai dicendo che dovrei arrivare a farmi dare le informazioni seducendola?” L’idea avrebbe dovuto essere rivoltante, ma al contrario sia l’uomo che la belva ne erano intrigati.
Dorian si mise a ridere. “Sì, beh, probabilmente ti si congelerà l’uccello.” Qualcosa di intenso e collerico brillò in quegli occhi blu. “Ti sto solo dicendo che loro davvero non provano niente. Sono andato a letto con una di loro, quand’ero giovane e stupido. Ero ubriaco e lei mi ha invitato nel suo appartamento.”
“Insolito.” Gli Psy preferivano stare tra di loro.
“Penso fosse una sorta di esperimento dal suo punto di vista. Studiava scienze. Abbiamo fatto sesso, ma ti giuro che è stato come essere con un pezzo di cemento. Niente vita, nessuna emozione.”
 Lucas lasciò che l’immagine di Sascha Duncan gli attraversasse la mente. I sensi della sua pantera si acquietarono, annusando l’eco della memoria di lei. Lei era di ghiaccio, sì, ma era anche qualcos’altro. “Possiamo solo compatirli.”
“Si meritano i nostri artigli, non la nostra compassione.”
Lucas riportò lo sguardo sulla città. La nascondeva meglio, ma la sua rabbia era profonda quanto quella di Dorian. Era con lui quando avevano scoperto il corpo della sorella di Dorian sei mesi prima. Kylie era stata massacrata. In modo freddo. Clinicamente e senza pietà. Chi aveva fatto scorrere il suo sangue non aveva minimamente pensato alla bellissima, vibrante donna che era.
Non c’era alcun odore animale sul luogo, ma Lucas aveva colto piuttosto quello metallico degli Psy. Gli altri mutaforma avevano notato la brutale efficienza dell’omicidio e avevano capito all’istante che tipo di mostro l’aveva perpetrata. Ma il Consiglio Psy aveva asserito di non saperne alcunché, e le autorità nella polizia avevano fatto così poco, che sembrava non volessero trovare affatto l’assassino.
Quando DarkRiver aveva iniziato a indagare, aveva scoperto che c’erano stati altri omicidi con le stesse caratteristiche. E tutto era stato seppellito talmente in profondità che ci poteva essere una sola organizzazione dietro un lavoro del genere. Il Consiglio Psy era come un ragno che con la sua tela arrivava dappertutto e ogni stazione di polizia nel paese era stata presa nella sua ragnatela.
I mutaforma ne avevano abbastanza. Abbastanza dell’arroganza Psy. Abbastanza delle politiche Psy. Abbastanza delle manipolazioni Psy. Decenni di risentimento e furia avevano finito per costituire una polveriera di cui gli stessi Psy avevano acceso la miccia, senza saperlo, con le loro ultime atrocità.
Era guerra.
E una Psy molto particolare stava per finirci dritta nel mezzo.


Quando Sascha arrivò all’edificio di proprietà di DarkRiver alle sette in punto, trovò Lucas Hunter che la attendeva all’entrata. Vestito in jeans, con una maglietta bianca e una giacca di ecopelle nera, non assomigliava affatto all’uomo d’affari che aveva affrontato il giorno prima. “Buongiorno, Sascha.” Il suo lento sorriso invitava a un’identica risposta.
Questa volta era preparata ad affrontarlo. “Buongiorno. Possiamo procedere per l’incontro?” Niente tranne la più fredda praticità sarebbe servito a tenere a distanza quell’uomo – non occorreva essere un genio per capire che era abituato a ottenere quello che voleva.
“Mi dispiace, ma c’è stato un cambiamento nel programma.” Alzò una mano in un gesto di scusa, ma non c’era assolutamente nulla di umile in lui. “Uno della mia squadra non poteva essere in città in tempo, così ho fatto posticipare l’incontro alle tre.”
Lei sentiva odore di inganno. Ciò che non riusciva a capire era se fosse perché lui stava cercando di affascinarla o perché stava mentendo. “Perché non mi hai chiamato?”
“Ho pensato che dato che eri già per strada, avremmo potuto verificare il sito che ho scelto.” Sorrise. “Un modo altamente efficiente di utilizzare il nostro tempo.”
Sapeva che la stava prendendo in giro. “Andiamo.”
“Con la mia macchina.” Lei non protestò. Nessuna Psy normale l’avrebbe fatto. Era lui che sapeva la strada, quindi era sensato che fosse lui a guidare. Ma lei non era una Psy normale e avrebbe voluto dirgli di tenersi per sé i suoi modi da dittatore.
“Hai fatto colazione?” le chiese quando furono in macchina, dopo aver assunto i comandi manuali.
Era stata troppo nervosa per mangiare. Qualcosa in Lucas Hunter stava facendo accelerare la sua discesa nella follia, ma non riusciva a frenare la caduta, non poteva evitare di continuare a ingarbugliarsi con lui. “Sì,” mentì senza sapere il perché.
“Bene. Non vorrei che mi svenissi addosso.”
“Non sono mai svenuta in vita mia, quindi puoi ritenerti al sicuro.”
Sascha guardò la città sfrecciare via, mentre si avvicinavano al Bay Bridge. San Francisco era come un gioiello luccicante accanto al mare, ma lei preferiva i dintorni, in cui la natura aveva mantenuto pieno dominio. In qualche caso la foresta si estendeva fino al confine con il Nevada e poi continuava.
Il Parco nazionale Yosemite era una delle zone selvagge più vaste. Qualche secolo prima, era stata avanzata la proposta di limitare il Parco a un’area a ovest di Mariposa. Ma i mutaforma avevano vinto quella battaglia e Yosemite aveva potuto continuare a estendersi fino a un’ampiezza che aveva ben presto inglobato altre zone boscose, comprese le foreste di El Dorado e di Tahoe, sebbene Tahoe, che sorgeva sul lago, avesse continuo a espandersi.
Ora l’area boschiva copriva metà di Sacramento e circondava la ricca regione vinicola di Napa, per abbracciare Santa Rosa a nord. A sudovest di San Francisco, aveva quasi inglobato Modesto. A motivo del suo continuo sviluppo, solo parte di Yosemite era divenuta un Parco nazionale. La restante parte era protetta dallo sviluppo urbano, ma vi si poteva abitare, a certe condizioni.
Per quel che Sascha sapeva, nessuno Psy aveva mai ottenuto l’autorizzazione di vivere così vicino a zone selvagge. Dubitava che quella terra verde e boscosa sarebbe stata tale se gli Psy ne avessero avuto il controllo. Difficilmente la California sarebbe stata una serie di enormi parchi nazionali e di foreste.
Improvvisamente consapevole dello sguardo interrogativo di Lucas, realizzò che era stata in silenzio per più di quaranta minuti. Per sua fortuna, l’incapacità di fare chiacchiere era un tratto distintivo degli Psy. “Se ci accordiamo e comperiamo il sito che avete individuato, quanto tempo occorrerà per concludere l’affare?”
Lui tornò a guardare la strada. “Un giorno. Quella terra è nel territorio di DarkRiver, ma appartiene al branco di SnowDancer per un caso della storia. Saranno ben contenti di venderla, al giusto prezzo.”
“Sei imparziale?” Data la concentrazione di Lucas alla guida, Sascha colse l’occasione di osservare a proprio agio i marchi sul suo volto. Selvaggi e primitivi, smuovevano qualcosa di nascosto e profondo in lei. Non poteva fare a meno di pensare che dichiarassero la sua vera natura, e che il controllato uomo d’affari fosse solo una maschera.
“No. Ma loro non sono disposti a fare affari con nessun altro, perciò devi solo sperare che io non ti freghi.”
Non era sicura se prenderlo sul serio o no. “Ci sono perfettamente noti i valori delle varie tipologie di proprietà. Ancora nessuno è riuscito a ‘fregarci’.”
Le labbra di Hunter si curvarono in un sorriso. “E’ il luogo ideale per ciò che avete in mente. Il solo pensiero di poter vivere qui farà avere a un bel po’ di mutaforma…dei sogni erotici.”
Sascha si chiese se la sua volgarità fosse solo un trucco per metterla a disagio o innervosirla. Questo leopardo così intelligente aveva capito che lei era incrinata fin dalla base? Sperando di deviare i suoi sospetti, pronunciò le parole successive con una totale assenza di qualsiasi tonalità. “Espressione molto colorita, ma non mi interessa quel che sognano. Voglio semplicemente che comprino le case.”
“Lo faranno.” Di questo Lucas non dubitava. “Siamo quasi arrivati.” Deviò dalla strada su cui erano e ne imboccò una laterale, parcheggiando poi la macchina in un ampio spazio aperto punteggiato d’alberi. Situato vicino a Manteca, il sito non era nei recessi della foresta, ma si trovava comunque in una zona boscosa.
Aprì la portiera e uscì, frustrato dalla propria incapacità di penetrare l’armatura di ghiaccio che Sascha aveva avvolto attorno a sé come acciaio. Aveva predisposto il viaggio e la visita del sito per iniziare a sondarla alla ricerca di informazioni. Ma far sì che uno Psy si aprisse o si confidasse era come cercare di far diventare leopardo un lupo di SnowDancer.
La parte peggiore era che la fonte d’informazioni lo affascinava in ogni suo aspetto. Ad esempio, il modo in cui i suoi capelli così riccamente setosi divenivano ancora più scuri al sole, mentre si muoveva per sgranchirsi le gambe. O il modo in cui la sua pelle riluceva, come miele liquido. “Potrei farti una domanda?” Il desiderio ardente proveniva dal leopardo, ma l’uomo vedeva delle possibilità nel trattare quegli argomenti.
Sascha distolse lo sguardo. “Ma certamente.”
“Gli antenati di tua madre erano chiaramente asiatici, ma il tuo nome è slavo e il tuo cognome scozzese. Sono curioso.” Si mise a camminare al suo fianco mentre Sascha esplorava il luogo.
“Non è una domanda.”
Lucas alzò gli occhi al cielo. Gli pareva che lo stesse prendendo in giro, ma gli Psy non sapevano neanche cosa volesse dire “prendere in giro”. “Come sei finita con questo interessante miscuglio?” chiese, sempre meno convinto di questa Psy.
Lei lo sorprese rispondendo senza esitazioni. “A seconda della struttura familiare, acquisiamo i cognomi da una delle due linee, quella paterna e quella materna. Nella nostra famiglia, il cognomeè stato preso dalla madre nelle ultime tre generazioni. Tuttavia, la mia bisnonna, Ai Kumamoto, prese il cognome di suo marito, Andrew Duncan.”
“La tua bisnonna era giapponese?”
Lei fece un cenno affermativo. “Ai e Andrew furono i genitori di Reina Duncan, mia nonna. Reina ebbe a sua volta una figlia da Dmitri Kukovich, e fu lui a scegliere il nome, Nikita. Il cognome rimase quello materno. Mia madre ha continuato questa tradizione, dato che i nostri psicologi affermano che il radicamento familiare renda più facile al bambino inserirsi nella società.“
“Tua madre ha tratti giapponesi, ma tu no.” I suoi lineamenti erano così unici che non c’era una parola per definirli. Niente in lei faceva presumere che fosse stata prodotta nella stessa catena di montaggio che aveva costruito il resto di quegli Psy, tutti robotici e senza vita.
“Nel mio caso hanno prevalso i geni paterni, nel suo quelli materni.”
Lucas non sarebbe mai riuscito a parlare della propria famiglia in quel modo freddo, impersonale. I suoi genitori l’avevano amato, cresciuto ed erano morti per lui. Meritavano di essere ricordati con tutta la forza di emozioni positive. “E tuo padre? Come ha contribuito alla mescolanza genetica?”
“Era anglo-indiano.”
Qualcosa, nel tono di voce di lei, risvegliò l’istinto protettivo della sua belva. “Non fa più parte della tua vita?”
“Non ne ha mai fatto parte.” Sascha continuò a percorrere il sentiero, cercando di ignorare il dolore della prima delle sue ferite. Non avrebbe potuto andare diversamente. Suo padre era uno Psy come sua madre. 
 “Non capisco.”
Questa volta non lo prese in giro asserendo che non si trattava di una domanda. “Mia madre ha scelto il metodo scientifico di concepimento.”
Lucas si immobilizzò tanto repentinamente che lei quasi tradì la sorpresa. “Cosa? E’ andata in una banca del seme e si è scelta un donatore che avesse un bel patrimonio genetico?” Sembrava scioccato.
“Detto in modo un po’ crudo, ma sì, è così. E’ la forma di concepimento più largamente utilizzata tra gli Psy al giorno d’oggi. “ Sascha sapeva che Nikita si aspettava che lei facesse allo stesso modo. Non molti della loro razza ricorrevano al vecchio metodo, che pareva antiquato. Sembrava loro disordinato e soprattutto tempo perso, da impiegare piuttosto in occupazioni redditizie, e non portava vantaggi dal punto di vista della selezione medica e psicologica.
“Il procedimento è sicuro e efficiente.” Ma lei non lo avrebbe mai adoperato. In nessun modo avrebbe rischiato di condannare un figlio agli stessi difetti che la stavano portando sull’orlo della pazzia. “Possiamo eliminare sperma e ovuli che portino tare o siano danneggiati. E’ per questo motivo che tra gli Psy i casi di malattie infantili sono quasi inesistenti.” Tuttavia qualche errore poteva essere fatto – lei ne era la prova vivente.
Lucas scosse la testa con un movimento così felino, che il cuore di Sascha fece un balzo. Certe volte era così gradevole e affascinante da farle dimenticare la sua natura animale. Proprio in quel momento lui la guardò con quel nudo calore nello sguardo, e lei seppe con certezza che ciò che si muoveva furtivo dietro la facciata civilizzata era tutt’altro che docile.
“Non sapete quello che vi perdete,” disse, avvicinandosi un po’ troppo.
Sascha non si mosse. Poteva essere un alfa abituato a ricevere obbedienza nel suo branco, ma lei non ne faceva parte. “Al contrario. Ho studiato la riproduzione animale già da piccola.”
Lucas ridacchiò e lei sentì l’effetto di quella risata dentro di sé, in profondità, in un luogo che nessuno avrebbe dovuto essere in grado di raggiungere. “Riproduzione animale? Se la vuoi chiamare così! E l’hai mai provata?”
Sascha faticava a concentrarsi con lui così vicino…così a portata del suo tocco. Il suo odore le parlava di cose pericolose, selvagge, passionali, tutto ciò che lei non avrebbe mai potuto permettersi di sentire. Era la tentazione suprema. “No. Perché avrei dovuto?”
Lui si fece appena un poco più vicino. “Perché, tesoro, potresti scoprire che l’animale che è in te la apprezza.”
“Non sono il tuo tesoro.” Appena pronunciate quelle parole, inorridì. Nessuno Psy avrebbe mai abboccato all’amo, come aveva fatto lei.
Gi occhi di Lucas sfavillarono alla provocazione. “Forse posso farti cambiare idea.”
Malgrado le parole scherzose, sapeva che lui aveva colto il suo passo falso e che stava cercando di capirne il significato. Non poteva ritrattare in alcun modo, ma poteva riportare la conversazione sul piano degli affari. “Che cosa volevi mostrarmi?”
Il sorriso di lui, ammiccante e malizioso, mandò in frantumi l’idea di poter riportare l’incontro sotto controllo. “Un bel po’ di cose, tesoro. Un bel po’…”

Lucas osservò Sascha muoversi lungo il terreno e assaporò il gusto di lei che permaneva nell’aria, caldo ed esotico come la sua origine.
La pantera che si agitava nella sua mente era intrigata dalla donna, desiderava leccarla per scoprire se il suo sapore era davvero così buono come immaginava. Il colore dorato della sua pelle stimolava l’anima del mutaforma, che adorava il tocco; la lussureggiante pienezza delle sue labbra gli faceva venire voglia di mordergliele…nel modo più erotico immaginabile. Tutto quanto in lei era una provocazione e insieme un invito per i suoi sensi.
Ciò che lo aveva spinto a combattere quel desiderio, a frenare l’urgenza che sentiva, era stata la consapevolezza che si trattasse di qualche trucco Psy. Avevano capito, alla fine, come ottenere il controllo sui mutaforma? La sua gente era sempre stata al sicuro perché gli Psy erano troppo freddi per immaginare ciò che li faceva agire, che li spronava e motivava. La vita, la fame, le sensazioni, il tocco, il sesso. E non certo il sesso freddo e asettico che Dorian gli aveva descritto, ma sesso appassionato, sudato, intimo, oscenamente intenso.
Lucas amava il profumo delle donne mutaforma e umane, adorava la loro pelle soffice e le loro grida di piacere, ma mai prima di quel momento si era sentito attratto da una della razza dei nemici. Stava combattedo quella attrazione anche in quel momento, mentre lasciava scorrere lo sguardo lungo il corpo di Sascha.
Era alta, ma per nulla esile. Quel corpo femminile aveva più curve pericolose di quanto avrebbe dovuto essere legale per una della sua razza. Nonostante il completo nero e la rigida camicetta bianca che indossava come una corazza, era sicuro che il suo seno gli avrebbe traboccato dalle mani. Quando lei si chinò per esaminare qualcosa a terra, quasi cedette al desiderio urgente della sua belva. La curva dei fianchi era sensualmente femminile, il suo sedere aveva un’eccitante forma a cuore.
Sascha si voltò verso di lui quasi in risposta al suo sguardo intenso e, nonostante la distanza che li separava, lui poté quasi assaporare la sensualità carnale che lei cercava di soffocare. Accigliato a motivo dei suoi stessi pensieri, camminò verso di lei. Gli Psy non erano sensuali. Erano più macchine che esseri umani. Ma c’era qualcosa di diverso in questa Psy, qualcosa in cui lui voleva affondare i denti.
“Perché avete scelto queste sezioni?” chiese lei quando Lucas fu vicino. I suoi occhi nero notte lo guardavano senza vacillare.
“Si dice che le scintille di luce bianca negli occhi di un cardinali possano trasformarsi in centinaia di colori in certi casi.” Cercò il suo volto per riuscire a trovare una risposta al mistero che lei era. “E’ vero?”
“No. Gli occhi dei cardinali possono diventare completamente neri, ma questo è tutto.” Distolse lo sguardo da lui. Lucas sperava che fosse perché si sentiva turbata a causa sua. Lo disturbava parecchio esserne così ipnotizzato, mentre lei sembrava rimanere impassibile. “Dimmi del lotto di terreno.”
“E’ una sistemazione eccellente per i mutaforma, ad appena un’ora o poco più dalla città, ma in un’area abbastanza boscosa da poter nutrire l’anima.” Abbassò lo sguardo sulla treccia composta di lei. Il desiderio di allungare la mano per toccarla fu così forte e incontrollabile che non riuscì a resistere: le toccò la treccia e la strinse.
Sascha sobbalzò, allontanandosi. “Che cosa stai facendo?”
“Volevo sentire come sono i tuoi capelli.” Sentire, per lui, era necessario quanto respirare.
“Perché?”
Nessun altro Psy che avesse incontrato aveva mai posto quella domanda. “Sono belli. Mi piace toccare cose morbide, setose.”
“Vedo.”
Era un tremito quello che aveva udito nella sua risposta? “Prova.”
“Che cosa?”
Si piegò un poco in avanti a invitarla. “Su, forza. I mutaforma non hanno tanti problemi a toccarsi, come invece gli Psy.”
“Ma è ben noto quanto siate territoriali,” replicò lei. “Non permettete a chiunque di toccarvi.”
“No, infatti. Solo il branco, gli amici e gli amanti hanno il privilegio della pelle. Ma non ci arrabbiamo se qualcuno che non conosciamo ci tocca.” Per qualche inesplicabile ragione, voleva che lei lo toccasse. E non aveva nulla a che fare con lo scovare il killer. Questa consapevolezza avrebbe dovuto trattenerlo, ma era il leopardo che comandava in quel momento, e la belva voleva essere accarezzata.
Lei alzò la mano, ma poi si fermò. “Non c’è ragione per farlo.”
Lucas si chiese chi di loro due lei stesse cercando di convincere. “Vedilo come un esperimento. Mai toccato un mutaforma prima?”
Scuotendo il capo, Sascha colmò la distanza rimasta tra loro e fece scorrere le proprie dita attraverso la capigliatura di Lucas in un movimento a onda che gli fece venire voglia di fare le fusa. Si aspettava che si ritraesse dopo un singolo tocco, invece lei lo stupì accarezzandolo ancora. E poi ancora.
“E’ una sensazione davvero inusuale.“ La sua mano sembrò indugiare, prima di abbassarsi. “I tuoi capelli sono freschi, pesanti e la loro consistenza mi sembra simile al raso di seta che una volta ho toccato.”
Potevi contarci che una Psy avrebbe analizzato minuziosamente una cosa semplice come un tocco. “Posso farlo anch’io?”
“Che cosa?”
Lucas toccò la treccia. Questa volta lei non reagì. “La posso sciogliere?”
“No.”
La pantera in lui si bloccò, immobile, fiutando un accenno di panico nel suo tono. “Perché?”

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