Capitolo 1
Mercy calciò via dal sentiero davanti a sè un ramoscello secco e non potè trattenere uno sguardo truce. “Stupido bastone.” Certo, non era l’innocuo bastoncino ciò con cui era arrabbiata – quello aveva solo avuto la sfortuna di capitare sulla sua via mentre, con le spalle curve, era fuggita dal Cerchio del Branco e dalla festosa cerimonia per il Legame di coppia di Dorian. Era nauseante quanto il suo miglior amico fosse innamorato della sua compagna. Effettivamente, anche le altre sentinelle avevano iniziato a farla soffocare. “Clay sempre a fare gli occhi dolci a Tally, per non parlare di Luc e Sasha”. E poi c’erano i peggiori, Nate e Tamsyn. Come potevano essere ancora così presi l’uno dall’altro dopo tutti quegli anni! “Dovrebbe essere vietato per legge”, ringhiò. Non voleva neanche pensare a Vaughn e Faith. Decise invece di fare una corsa. Un’ora dopo era penetrata abbastanza in profondità nel territorio del branco da non udire più nulla tranne i cauti sussurri delle creature notturne che si muovevano nell’oscurità. Si sedette sul tronco liscio di un albero caduto e sospirò.
In verità non era arrabbiata con le altre sentinelle né con le loro compagne. Anzi, era così dannatamente felice per tutti loro, che quasi le faceva male. Ma era gelosa, e molto.
Tutti erano in coppia. Tranne lei.
“Sì,” mormorò. “Lo ammetto. Sono un’insopportabile bambina viziata, vecchia per giunta.”
Non era così male essere una femmina dominante tra i mutaforma. In fondo, le femmine alfa erano comuni tanto quanto i maschi alfa. La cosa veramente negativa era essere una femmina dominante in un branco di leopardi in cui nessun maschio dominante smuoveva qualcosa in lei. Ed essere una femmina dominante in uno stato controllato da leopardi e lupi – tra i quali uno solo, quello sbagliato, smuoveva qualcosa in lei – beh, questa era davvero la ciliegina sulla torta della negatività.
Non che Mercy dovesse limitarsi al loro territorio – Dorian le aveva detto di cercare qualcuno fuori dallo stato, negli altri branchi, ma lei non se la sentiva proprio di lasciare Dark River, non in un momento così pericoloso.
Certo le cose si erano calmate un po’ dal fallito attentato alla compagna di Dorian, Ashaya, ma era una calma instabile e precaria. Tutti aspettavano la prossima increspatura sulla superficie delle acque – ciò che non sapevano era se sarebbe venuta dal Consiglio Psy, sospettosamente tranquillo, o dall’Alleanza Umana, sempre più violenta e pericolosa.
Che qualcosa sarebbe successo, era certo.
Come sentinella di DarkRiver, avrebbe dovuto concentrarsi sulle loro tattiche di difesa, immaginando possibili scenari. Invece il bisogno sessuale la stava facendo andare così fuori di testa che non riusciva a pensare ad altro: la febbre che percorreva il suo corpo, la sete nella sua gola, l’artigliante esigenza in ogni sua cellula, in ogni suo respiro. Per il suo animo da predatore un tocco intimo era necessario quanto la foresta che era la sua casa. Tuttavia forse non avrebbe visto tutto così nero se non ci si fosse aggiunta anche la conversazione che aveva avuto con Tamsyn, il medico del branco, qualche giorno prima.
Mercy aveva iniziato dicendo: “E’ molto probabile che rimarrò sola”.
“Non puoi saperlo”, aveva cominciato a dire Tammy, con la fronte aggrottata, “potresti incontr...”
“Non è questo. Potrei non essere in grado di stare con nessuno. Sai che accade.”
Tammy aveva fatto un cenno affermativo, seppur riluttante. “E’ più frequente per le femmine dominanti che per i maschi. C’è come un’incapacità a cedere…a sottomettersi, anche al tuo compagno”.
Questo era il casino, pensava Mercy. Poteva anche volere disperatamente un compagno, ma se lui fosse apparso, e fosse stato il maschio forte, deciso, risoluto di cui sapeva di aver bisogno, forse lei non sarebbe risucita ad accettarlo quanto era necessario per un vero legame di coppia. Oh, probabilmente l’urgenza del legame l’avrebbe sopraffatta tanto da prenderlo come amante, forse di più…ma se il leopardo di Mercy non accettava i diritti del suo compagno su di lei, allora non avrebbe potuto far altro che andarsene via per mesi, tornando da lui solo quando era impossibile sopportare il bisogno.
Era un dolore speciale, riservato a quelle femmine leopardo che non accettavano di permettere a un uomo di controllarle in qualsivoglia modo. E sarebbe andata così, lui avrebbe di sicuro cercato di dominarla. A meno che il suo compagno non si rivelasse un debole sottomesso – e lei non era mai stata attratta da qualcuno di quel tipo, era un’ipotesi irreale.
“Non ho bisogno di un compagno” brontolò, fissando il cerchio lucente della luna d’autunno. “Ma potresti mandarmi un maschio niente male, sexy, forte, con cui danzare? E bello magari?” Non aveva avuto un amante per otto mesi ormai, e questo stava iniziando a nuocerle a ogni livello. “Mica deve essere intelligente. Solo bravo a letto”. Bravo abbastanza da sciogliere la tensione che c’era in lei, permettendole di funzionare ancora.
Perché il sesso, per un felino come Mercy, non riguardava solo il piacere, ma era qualcosa che aveva a che fare con l’affetto, la fiducia, con tutto ciò che era positivo e bello.
“Comunque, adesso mi accontenterei di sesso puro e semplice”.
Fu in quel momento che Riley uscì dalle ombre. “Un po’ di voglia, gattina?”
Subito in piedi, lei strinse gli occhi, sapendo che era stato sottovento apposta, per coglierla di sorpresa. “Che cazzo fai, mi spii di nascosto?”
“Che bisogno c’è di spiare, quando il tuo tono sveglierebbe un morto?”
Avrebbe giurato che le orecchie le stessero fumando dalla rabbia. Tutti pensavano che Riley fosse calmo, pratico, solido, affidabile. Solo lei sapeva che aveva un lato meschino e spregevole e che se la godeva a romperle le scatole il più possibile.
“Cosa vuoi?” Fu un ringhio da parte del leopardo e della donna.
“Sono stato invitato alla cerimonia del legame di Dorian”. Un lento sorriso che la derideva. “Difficile non vedere che stavi andando a fuoco. E non sto parlando dei tuoi capelli”. I suoi occhi indugiarono sulle lunghe ciocche rosse che scendevano ad accarezzare i seni.
Mercy non si imbarazzava facilmente, ma le sue guance andarono in fiamme. Perché se Riley sapeva che lei era in calore – come un dannato gatto selvatico! – lo sapeva anche il resto del suo branco.
“E allora? Mi hai seguito sperando che io abbassi i miei standard e stia con un lupo?” E apposta disse “lupo” con il tono che si riserva di solito a “rettile”.
Riley serrò la mascella, che aveva un’ombra di barba appena più scura del castano profondo dei suoi capelli. “Tiri fuori le unghie, gattina? Fatti sotto.”
Le sue mani si strinsero a pugno. Non era così stronza di solito, ma quel bastardo di Riley riusciva sempre ad esasperarla, infiammandola di rabbia.
“Spiacente, ma non colpisco poveri mocciosi indifesi”.
Lui si mise a ridere. Veramente, si mise a ridere! Gli sibilò: “Cosa cazzo ridi?”
“Sappiamo tutti e due chi è più dominante qui…e non sei tu.”
Che cosa?! Lei era una sentinella. Che importava che lui fosse un tenente da più tempo? Occupava in DarkRiver lo stesso posto che lui aveva in SnowDancer. Quel lupo aveva superato una linea ben definita – e dato che lei non poteva avere il sesso, avrebbe scelto la violenza. Piena di ferocia, gli si scagliò contro. Riley era pronto. Si prese il calcio nella coscia senza indietreggiare, ma fermò il pugno con una sola mano. Lei si stava già muovendo, cambiando posizione d’attacco per avvantaggiarsi di qualsiasi vulnerabilità. Lui bloccò ogni attacco, ma non ne fece di suoi.
“Combatti!” gli urlò. Aveva proprio bisogno di un combattimento e di una bella sudata – avrebbero alleggerito in qualche modo la furia del suo bisogno, che le artigliava il ventre. Un suo calcio ben piazzato gli arrivò contro le costole. Udì un grugnito e sogghignò. “Non siamo così veloci, eh, lupetto?”
“Sto cercando”, disse lui, bloccando gli altri colpi con le braccia, “di non farti male”.
“Non sono una principessa”, sibilò, mirando alla parte più vulnerabile del corpo di un uomo – sì, sì, non era giocare pulito. Ma Riley se l’era proprio meritato. “Prendi questo, Kincaid!”.
“Cazzo, Mercy!” Afferrò il piede che stava per incontrare il suo inguine e la fece ruotare per aria. Senza sforzo.
Annichilita al pensiero di quanto realmente si fosse trattenuto nella lotta, lei girò a mezz’aria e atterrò in piedi con facilità.
“Ti concedo una cosa,” disse lui, rannicchiandosi di fronte a lei, mentre si muovevano in circolo. “Sai come muoverti….gattina”.
L’adrenalina scorreva dentro di lei come un fuoco caldo e liquido. “Sempre meglio di un cane da pastore arrogante e borioso.”
Mantenne il tono calmo, ma stava sudando sotto alla maglietta aderente e nera che si era messa per ballare, e il suo cuore batteva rapido. “Niente artigli”, disse, e fu l’unico avvertimento che gli diede mentre gli si gettava contro.
Non lo vide arrivare. Un momento stava per spaccargli la faccia – va bene, lo avrebbe solo strapazzato un po’, non era mica un combattimento per la vita o la morte – e il momento dopo era stesa sulla schiena con i polsi premuti a terra e stretti nel forte pugno di lui.
“Umf.” Le si mozzò il fiato mentre la parte inferiore del corpo di Riley la teneva inchiodata a terra. Il bastardo era pesante, puri muscoli su ossa solide.
“Arrenditi”. Il suo naso quasi toccava quello di lei.
“Ti piacerebbe”. Ammiccò ai suoi occhi scuri come il cioccolato. “Vieni più vicino”.
“Così puoi mordermi?” Un lampo di bianchi denti. “Prima arrenditi. Poi mi avvicino”.
“Scordatelo!”. Se si arrendeva, riconosceva la sua dominanza, almeno per quella notte.
“Quindi suppongo che dovrò costringerti”.
“Puoi provaci”. Sorridendo, si scagliò verso la sua gola e quasi la raggiunse, quando – usando una mossa che doveva essere illegale, poco ma sicuro – lui la fece girare cosicché la sua fronte fosse schiacciata contro il terreno ricoperto di foglie, mentre i suoi polsi erano sempre bloccati in quella morsa ferrea e tenuti bloccati in alto, sopra la testa. “Bastardo! Stronzo, imbroglione!”.
“Lo dice proprio quella che ha cercato di calciarmi le palle fino in gola”, puntualizzò lui, mentre leccava il sale dalla pelle del collo di Mercy in un gesto indolente e provocante.
“Ti ucciderò”. Era più un sibilo che un suono.
Lui la morse.
Nel punto morbido e sensibile tra il collo e la spalla.
A quella spudorata esibizione di dominio lei si sentì fremere tutto il corpo, come un’onda che scorreva da dentro a fuori. “Smetti”. Le venne fuori un suono rauco, che non c’entrava nulla con il rigetto che avrebbe voluto dare a intendere.
Lui staccò la bocca da lei. “Ti ho bloccata a terra.”
“Roba da lupi. Io sono un felino.”
“Ti ho comunque bloccata sotto di me”. Strofinò il naso contro la sua gola, annusandola. “E il tuo odore…sei calda, bagnata, pronta”. La sua voce era bassa. Stava facendo il lupo con lei. E il calore tra le cosce di Mercy stava diventando un martellamento pulsante. Lo stomaco le si aggrovigliò in un’onda feroce di desiderio. Mio Dio, era così affamata, così sessualmente affamata. E Riley l’aveva catturata, la sua presa su di lei indistruttibile. In quel momento, al leopardo non interessava che non fosse un felino. Gli importava solo che fosse forte, sexy ed eccitato. Senza neanche accorgersene si trovò a alzare il proprio corpo fino a strisciarlo contro quello di lui, il sedere che lo strofinava, allettava, provocava.
“Se ne parli con qualcuno, ti strappo il cuore”.
“Parlare non è proprio ciò a cui penso, adesso”.
Lasciandole libere le mani, la fece girare sulla schiena…solo per allargarle le cosce e appoggiare con calma la propria erezione contro di lei. Mercy dovette impegnarsi per non gemere forte. Lui si alzò sulle proprie braccia, guardandola con occhi diventati da lupo – le pupille nere circondate da un anello d’ambra riecheggiato nel marrone caldo delle iridi, lo sguardo incandescente come la notte. “Come lo vuoi? Forte?” La sua sessualità era una forza primordiale che si abbatteva sulla pelle di Mercy. “Molto”. Voleva essere marchiata, usata finché non le fosse stata spremuta tutta la vita, ridotta in coma per il piacere. E voleva fare lo stesso a lui. Infilò la mano in quei capelli folti e setosi, afferrandoli. Desiderava sentirli sul suo seno. Tirò giù la sua testa e lo baciò, ringhiando di gola. Lui afferrò la sua gola e la strinse con una mano, premendo delicatamente. “Fa’ la brava”. Questa volta fu lei a mordere lui. Un ringhio assoluto sgorgò dalla bocca dell’uomo, quando il compassato e retrogrado Riley Kincaid si arrese al suo lupo e le diede una dimostrazione perfetta del perché fosse il tenente di più alto grado del branco SnowDancer. La maglietta di Mercy fu a brandelli prima che lei potesse battere le palpebre, il suo reggiseno andato l’istante dopo. La mano di Riley strinse le curve rotonde del suo corpo nudo, e quando lui staccò le labbra dalla bocca di Mercy per scendere lungo il suo corpo, lei sapeva che avrebbe sentito i suoi denti. Ciò che non si immaginava era che Riley avrebbe succhiato il suo capezzolo come se fosse il suo cibo preferito, prima di affondare quei forti denti nella carne delicata di lei come in un banchetto prelibato. Mercy inarcò la schiena staccandosi dal suolo della foresta e si afferrò al liscio calore delle sue spalle. Dov’era finita la sua gonna? Non le importava. Tutto ciò che sapeva era che aveva un magnifico maschio sotto le sue mani e, oh, quant’era bello! Ignorando il suo ringhiare, gli tirò via la testa dal seno e gli morse di nuovo le labbra. Per essere un lupo, Riley aveva una bocca bellissima. Lei aveva desiderato per mesi di prenderla a morsi. Quindi lo fece. Poi Mercy fece scorrere le labbra lungo la sua mascella e sopra i muscoli del collo. Sale, uomo, lupo. Nemico. Il suo leopardo ringhiò ancora. Ma il puro piacere sopraffece tutto. Lui sapeva di buono. Quando Riley insinuò la propria mano nei lunghi capelli di lei e le tirò indietro la testa per un altro bacio, lei non protestò. Fu un bacio selvaggio come il primo, bagnato e profondo, pieno della promessa di un crudo piacere sessuale, senza nulla di trattenuto o proibito. “Adesso”, ordinò lei quando si staccarono, con il corpo che stava quasi vibrando per il bisogno intenso. “No”. Lui scivolò lungo il suo corpo e subito dopo la gonna e gli slip erano andati. Sentì il bacio delle unghie all’interno delle cosce e seppe che era stato fatto di proposito. Nessun dolore, quasi neanche un vero tocco, appena un soffio, solo per ricordare al felino che lui poteva prenderla. Più che sufficiente per far schizzare la sua eccitazione direttamente alle stelle. “Lupo maledetto”. Un’imprecazione strozzata. Allargandole le gambe con le mani forti e dure, lui fece scendere la propria bocca su di lei. Mercy urlò. Riley non sembrava in vena di essere lento e delicato. La leccò con colpi forti e decisi, la succhiò e la mordicchiò. L’orgasmo le percorse tutto il corpo così ferocemente da essere sicura che i muscoli le avrebbero fatto male, l’indomani. Lui continuò a usare quella bocca e quei denti finché lei poté sentire che il suo corpo si stava tendendo ancora dopo un intervallo ridicolmente breve. Ma voleva più che un’altra fiammata di piacere. Afferrandogli le spalle, lo fece tornare su, sapendo che non ce l’avrebbe fatta se lui non avesse cooperato. Le avrebbe dato fastidio…in qualsiasi altra situazione. “Facciamolo, lupo”.
Una mano tra i suoi capelli, che le tirava indietro la testa con forza. “Qual è il mio nome?” Lei gli graffiò la schiena, lasciandogli le tracce delle proprie unghie. Lui non sembrò neanche notarlo. “Il mio nome, gattina. Dì il mio nome”.
“Signor Retrogrado, o per far prima Retro”, disse, mentre si sfregava contro il duro rilievo della sua erezione ancora coperta di jeans, la stessa ruvidezza del tessuto una sensazione squisita. Più di tutto voleva il contatto con la pelle nuda, ma lui non si muoveva più. “Dillo, o niente cazzo per te, oggi”. Lei rimase a bocca aperta. “Fottiti”. “A quello ci penserai tu tra poco”. La baciò di nuovo, lingue avviluppate e denti e indomito potere maschile. “Adesso”, lui spinse contro di lei, facendole sentire il pesante e oscuro calore che poteva avere, “qual è il mio nome del cazzo?”
Era tentata di continuare a ringhiargli contro, ma aveva la pelle lucida di sudore e lui era così grosso e selvaggio e delizioso sopra di lei. E lo voleva dentro di sé. In quell’esatto momento. “Gli uomini e il loro ego,” mormorò, giusto per farlo incazzare un pochetto. “Ora fallo, Riley. O mi troverò qualcun altro”. Le tenne la testa dov’era per un altro lungo momento prima di abbassare il proprio volto su di lei, quegli occhi di ambra che le dicevano esattamente chi era al comando dentro di lui in quel momento. “Che cosa hai detto?” Parole pacate, così calme e pacate. Lei allora spinse ancora e più forte gli artigli nella sua schiena. Questa volta, il lupo ringhiò verso di lei e i brevi, successivi minuti passarono in una furia di vestiti stracciati e bocche che si frugavano, grida di piacere e gemiti. E all’improvviso era nudo sopra di lei. Forte, caldo, bellissimo. Mercy si tirò su dal suolo contro di lui, sentendo i suoi occhi che divenivano quelli di un leopardo, quando lui mise una mano sulla sua coscia per tenerla giù, e si spinse contro di lei con il suo grosso membro eccitato. Lei fece per allungare la mano, ma lui le ringhiò contro. Normalmente gli avrebbe ringhiato anche lei in risposta, ma Riley la stava facendo sentire così dannatamente bene... Perciò lei lo avvolse, lo strinse con la sua altra gamba e gli infilò le mani tra i capelli, alzando il proprio corpo. “Ti voglio dentro di me”. E lui iniziò a spingersi dentro di lei. Mercy trattenne il fiato. Quell’uomo era duro come una roccia e così grosso da far sì che i muscoli le si tendessero al punto da far male. Fremette e vibrò. “Di più.” Lui la prese in parola, spingendosi in lei lentamente, con una concentrazione così intensamente erotica da far iniziare a tremare nell’estasi i suoi muscoli interni anche prima che lui fosse completamente dentro. Poi fu del tutto dentro, e lei non si era mai sentita così presa nella sua intera vita, così intimamente completata. Ma Riley le diede solo qualche secondo per adattarsi a lui; le sue labbra ripresero quelle di lei, mentre il corpo di lui si spingeva dentro e fuori di lei con una potenza di cui il suo leopardo si gloriava. Lupo o no, questo era un uomo con cui danzare. Si mosse con lui, restituendogli il bacio, facendo scorrere le proprie mani lungo il corpo dell’uomo e mordicchiandolo. Lui la tenne inchiodata a terra mentre la prendeva, come sapendo quanto lei avesse bisogno di una cavalcata di quel tipo. Quando Mercy raggiunse l’orgasmo, fu con un violento grido, mentre il suo calore liquido lo stringeva, e con la luce delle stelle che esplodeva dietro ai suoi occhi.
Luci che continuarono a tremolare anche quando lei tornò giù a terra. Riley era ancora bollente e duro dentro di lei, e si muoveva con spinte forti e decise che la portarono di nuovo alla vetta del piacere in pochi istanti. Allora Mercy gli morse il collo al modo dei lupi, e questo lo spinse finalmente oltre il limite insieme a lei.
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